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Ogni mattina che apriva gli occhi e osservava dal suo attico su due piani l’intero skyline di Milano, aveva l’impressione di possedere il controllo del mondo intero.
In poco più di un anno era passata da star dei social a conduttrice del talk show più seguito della televisione italiana.
Il successo le aveva conferito contratti milionari con sponsor che volevano apparire sul suo profilo Instagram, settimanali che facevano a gara per contendersi un suo editoriale, fiction che volevano che apparisse nel ruolo di se stessa, anche per pochi secondi.
Nella sua trasmissione del venerdì sera, in prime time sulla rete ammiraglia della tv commerciale più grande d’Europa, aveva ospitato i volti più celebri.
E se anche non lo eri, non appena ti accomodavi su quel divanetto di ecopelle bianca, venivi benedetto con un fascio di luce accecante che sedava ogni imperfezione, lavava ogni peccato e ti tramutava per qualche minuto in una divinità intoccabile.
E come per le figure importanti della storia, dismesse nome e cognome e venne ribattezzata nell’ambiente La Divina.
Spostava talmente tanto i consensi che l’intera politica volle prenderne parte.
A turno i leader di ogni fazione andavano a trovarla nel suo salotto televisivo spiegando come avrebbero migliorato le sorti del paese, con la massima umiltà e assecondando ogni domanda e richiesta della padrona di casa. Davanti al suo cospetto, ridimensionavano il loro ego, risultando a tratti imbarazzati. Come discepoli immeritevoli di tanta attenzione.

Per un periodo ebbe la convinzione di avere tra le mani la consolle per guidare la regia dell’intero Paese: decidere quale parte illuminare maggiormente, su chi aumentare il volume della voce e su chi spegnere il microfono, quali argomenti portare in prima linea e quali lasciare nel dimenticatoio. Quali i personaggi da schierare in campo e quali invece da lasciare in panchina.
Tutti volevano esserci e quindi, tutti, si facevano trovare pronti alla eventuale convocazione.
Era una competizione spietata data la lista pressoché infinita e toccava fare sempre bella figura; nessuno degli opinionisti sapeva in anticipo se sarebbe stato chiamato a commentare un reality a caso, la crisi di governo sempre dietro l’angolo o l’ultimo fatto di cronaca che aveva coinvolto il rampollo ventenne di una nota famiglia della borghesia milanese finito in un giro di festini, droga e violenze su minorenni.
Ma poco importava l’argomento. Importava esserci.
Aveva intuito prima di tutti che l’imperativo per tenere più gente possibile incollata davanti al televisore era mantenere un ritmo serrato: nessuna pausa, nessun crollo dell’attenzione.
Saltare da un argomento all’altro senza lasciare il minimo tempo di riflessione o reazione. Tanti temi, tutti diversi e tutti creati con taglio sensazionalista.
Era capace di riassumere un’intera settimana di televisione, spettacolo, politica e cronaca in meno di venti minuti di programma. Usava titoli forti – scritti in grande così da essere leggibili anche da persone anziane – e grafiche colorate, galleggiando sulla superficie di ciascuna notizia senza approfondire nulla.

Aveva creato in quattro anni una macchina perfetta e dal suo 45% di share settimanale teneva per le palle il popolo e i suoi governanti.
La fama ovviamente attirava critiche da una parte dell’informazione, da alcuni suoi colleghi e da una impercettibile fetta di pubblico, ma i numeri le davano ragione, così come gli inserzionisti sempre più felici di inserire i propri spot tra i blocchi del suo show e i dirigenti dell’azienda. Nulla sembrava potesse interrompere questa striscia vincente.
I suoi detrattori avevano tentato più volte di mettere in moto quella che viene definita la macchina del fango.
Pubblicarono delle sue vecchie foto in cui, da ragazza, aveva posato nuda su alcuni giornaletti. Ma era come se avessero cercato di colpirla con proiettili di carta sparati da una Bic.
Non solo non le causarono il minimo graffio ma usò quel tentativo a suo favore ribaltandolo in trasmissione e parlandone con altre soubrette invitate per l’occasione che si erano trovate in passato nella stessa situazione, confessando come si fa tra amiche, che l’aveva fatto per pagarsi gli studi e che era sempre meglio che guadagnare soldi facendo altro – alludendo e ammiccando – tra le risate delle ospiti e gli applausi del pubblico.
Il suo lato oscuro era sapientemente protetto dagli avvocati dell’azienda per cui tutti lavoravano, la quale possedeva, oltre ad altre emittenti televisive e radiofoniche, anche alcuni quotidiani e la maggior parte dei magazine di gossip in circolazione.

Durante un sondaggio che decise di commissionare al solo scopo di valutare se stessa e il modo in cui veniva percepita dal suo pubblico, risultò un calo dei consensi.
Nulla di preoccupante, ma nella sua testa si accese un campanello di allarme. Non poteva accettare il fatto che il suo pubblico la amasse leggermente meno e non molto di più.
Si convinse di aver perso il contatto con la parte del paese definita la pancia e di non rivolgersi più alla gente comune.
Nella puntata seguente, comunicò in diretta televisiva che avrebbe inaugurato una piccola rubrica dal nome Star in dieci minuti, nella quale una delle migliaia di persone che le inviavano mail e lettere ogni giorno avrebbe chiacchierato con lei per dieci minuti.
I requisiti erano semplici: essere una persona comune, non avere mai fatto televisione e possedere un profilo su un social qualsiasi.
Dalla quantità di richieste arrivate, furono assunte dieci persone per potenziare la redazione con il solo compito di leggere ogni lettera e ogni mail, filtrarle da maniaci, squilibrati e analfabeti totali – i semi analfabeti erano invece ben accetti – selezionarne una decina per la puntata e consegnarle personalmente alla Divina che avrebbe pescato dal mazzo.
In molti le avevano consigliato di evitare. In diretta, senza controllo e senza poter concordare l’intervista, risultava una mossa troppo rischiosa. Ma La Divina si sentiva sicura di sé e il brivido del rischio la eccitava come non accadeva dai tempi delle serate in Costa Smeralda nei privè dei locali più famosi.

Per il primo incontro, scelse la lettera di Giuseppina da Termoli, una casalinga che aveva allegato alla lettera una foto di Luna, la gatta con cui guardava ogni puntata del programma. Aggiunse in calce che per l’occasione aveva chiesto a suo nipote di aprirle un profilo su Instagram – scrisse proprio così – in modo da poter rientrare nella selezione.
Si presentò in studio, si sedette sul famoso divanetto bianco in ecopelle e le confidò quanto fosse bella e brava. In un enorme schermo comparve il suo profilo Instagram che aveva soltanto 2 followers e una foto un po’ sfuocata della gatta Luna.
Pochi secondi dopo, esattamente sopra le loro teste, partì un enorme countdown e iniziarono a chiacchierare di argomenti assolutamente inutili e banali, ma che La Divina sembrava apprezzare sottolineandoli spesso con espressioni di compiacimento e forte trasporto.
La Signora Giuseppina stava per terminare di raccontarle emozionata come si era conosciuta con suo marito, quando il suono frastornante di un gong segnò lo scoccare del decimo minuto e della fine del loro incontro.
Prima di congedarla, La Divina volle complimentarsi per i 26.697 followers guadagnati in quei dieci minuti con lei, che la facevano diventare una influencer a tutti gli effetti.
La Signora Giuseppina sembrava felicissima pur non avendo compreso il significato di chi o cosa fosse una influencer mentre, tra gli applausi assordanti del pubblico, venne accompagnata fuori dallo studio.
Tutto scivolò tranquillamente e in piena sicurezza per due mesi.
La gente sembrava apprezzare quella rubrica e la genuina voglia di conoscere le persone comuni. Nella puntata natalizia decise di invitare il Signor Settimio da Forlì; un contadino che viveva da solo in una fattoria dove aveva trascorso la vita coltivando la terra e allevando polli.
Ciò che la colpì fu la busta che, tra le tante ricevute nel corso di quelle settimane, era stranamente insolita e unica nel suo genere.
L’indirizzo del destinatario era stato scritto con una grafìa pesante e incerta e si poteva chiaramente notare che quella busta non era stata acquistata per l’occasione perché la carta era ingiallita dai molti anni di segregazione in qualche cassetto. Ma la cosa che più la convinse, quasi senza la necessità di doverla aprire e leggerne il contenuto fu un unico, incredibile dettaglio: era sporca di terra.
Come se chi l’avesse sigillata non si fosse nemmeno preso prima la briga di lavarsi le mani. Un brivido la percorse lungo la schiena; sentiva quei due punti in più di share arrivare giusti in tempo, come il miglior regalo di Natale che avrebbe desiderato, ma che nessuno avrebbe potuto farle. Intuì immediatamente che Settimio sarebbe stato il suo Babbo Natale.
A causa della calligrafia incerta e dei molti errori grammaticali, lesse con superficialità e con molta difficoltà il contenuto della lettera. Intuì qualcosa legato alla guerra, agli immigrati e alle sue galline, ma come era solita fare, restò in superficie senza approfondire.
Ovviamente il suo benefattore non aveva nessun profilo social, ma fece uno strappo alla regola in quanto si era già platonicamente innamorata di lui dalla busta, così chiamò la redazione e diede istruzioni per organizzare il tutto.

Settimio arrivò in perfetto orario accompagnato in studio da alcuni membri della produzione.
Passò al trucco, al parrucco, ma decise di non indossare nessun indumento differente da quelli con cui era uscito di casa quella mattina. Venne microfonato e accompagnato dietro le quinte pronto a fare il suo ingresso nel mondo dello Star system.
Durante la pubblicità, La Divina volle conoscerlo. I due si salutarono, lei lo rassicurò di stare tranquillo perché tutto sarebbe andato per il meglio e di non preoccuparsi perché avrebbero solamente chiacchierato della sua vita.
Lui annuì senza problemi e la ringraziò.
La trasmissione riprese in diretta.
La Divina era già sulla sua poltrona, con davanti il famoso divanetto bianco in ecopelle, pronto a ricevere il gradito ospite. Per quell’unica volta fece accrescere l’attesa introducendolo brevemente anticipando alcuni dettagli esclusivi, come la busta sporca di terra e il fatto che non avesse nessun social. Si giustificò col suo pubblico dicendo che era quasi Natale, che è il momento dell’anno in cui tutti devono essere più buoni e che sentiva dentro il suo cuore che ne valeva la pena.
Le persone presenti in studio le concessero di avere peccato di estrema comprensione e ricambiarono con un caloroso applauso, durante il quale fece il suo ingresso il Signor Settimio da Forlì.

Se una vita può cambiare in un decimo di secondo, quanto potrebbe farlo in dieci minuti?
La Divina lo scoprì durante quella chiacchierata.
Per la prima parte cercò di conoscere meglio il Signor Settimio, che rispondeva ad ogni domanda con una bella voce genuina, rafforzata da un rassicurante e bonario accento romagnolo.
Le confidò che era l’ultimo di dodici fratelli e che aveva sempre lavorato i campi: prima con la sua famiglia, poi solo.
Si era fermato solo per colpa della guerra, che lo aveva tenuto impegnato per quasi due anni.
Appena tornato dal fronte si sposò con Carla, con la quale trascorse quasi 50 anni di vita.
Poi lei morì e lui voltò pagina.
Su questo punto preciso La Divina sentiva di poter buttare l’amo convinta di poter pescare qualcosa di ghiotto per il pubblico. Voleva sapere di più sulla loro storia d’amore di quasi cinquanta anni e di come avesse ripreso a vivere dopo quel vuoto incolmabile.
Sapeva che sarebbe stata accontentata.
E in effetti lo fu, ma non come sperava.
«Che da quando quella lì è morta mi tocca farmi da mangiare da solo».
Ci fu un leggero brusìo tra il pubblico, ma era solo l’inizio della discesa.
La Divina lo rimproverò bonariamente tentando di giustificarlo, sottolineando l’aspetto pratico e a volte troppo diretto di comunicare che possiede chi lavora la terra.
Provò a passare oltre chiedendogli come avesse reagito al lutto.
«A parte farmi da mangiare da solo, sto bene, perché quella lì rompeva solo i coglioni. Nemmeno le bastonate che ci davo bastavano».
Il silenzio prese spazio in un luogo a lui assolutamente sconosciuto, del quale Il Signor Settimio da Forlì approfittò.
«Posso dire un’altra cosa? A me non mi va bene vedere tutti questi immigrati in giro, che vengono qui, rubano e portano le malattie e noi li manteniamo anche. Quando c’era Lui si che le cose andavano bene. Quando avevamo le camicie nere quelli lì eccome che filavano.
Io aspetto che torni uno come Lui che rimette tutti in riga. O così o appesi a testa in giù come le mie galline, altroché ‘sti negri a spasso».
E terminò con una sonora, chiara e rotonda bestemmia. In diretta tv. Nella trasmissione più seguita d’Italia. Durante la puntata natalizia.

Venne ridata immediatamente la pubblicità e Il Signor Settimio scortato velocemente fuori dallo studio, durante la quale La Divina rimase pietrificata sulla sua poltroncina bianca in ecopelle.
Il pubblico era immobile, come se avesse appena assistito a un disastro di proporzioni bibliche: qualcuno si copriva la bocca con una mano, gli occhi spalancati, sconcertati. Altri continuavano a scuotere la testa increduli.
Ed effettivamente la portata del disastro era notevole. Perché in Italia, in televisione, si può fare e dire praticamente tutto.

Si può essere cattivi e volgari, si può tradire o essere traditi in diretta, addirittura avere ammazzato ed essere ascoltati – e a volte persino perdonati – durante uno speciale in prima serata.
Si possono fare commenti sessisti, omofobi, razzisti e sopravvivere con un rimprovero e delle scuse. Si può fare e dire tutto, e tutto, viene dimenticato e perdonato.
Ma in Italia non importa chi sia al governo, non importa se sei ricco e potente o di estrazione operaia, non importa se sei un matto incapace di intendere e volere o un illustre intellettuale.

In Italia, in televisione, non puoi bestemmiare.
Lo puoi fare tranquillamente per strada, sui campi da calcio, tra le mura della tua casa, in mezzo ai tuoi familiari, come battuta di chiusura di una barzelletta o quando non riesci ad aprire il barattolo dei sottaceti. Ma se accade in televisione va denunciato e punito seriamente.

Perché la televisione, in Italia, è un luogo sacro che non deve essere profanato.

Riccardo Fano