E quindi sarei io lo stronzo.
Dedussi la risposta dall’espressione da silenzio assenso che aveva assunto la sua faccia.
In altre occasioni avrei lasciato perdere, ma mi aveva beccato all’apice di una giornata nella quale mi ero trovato a constatarlo in altre occasioni.
Vorrei mi fosse concesso un breve attimo per riassumere i precedenti e chiarire meglio il contesto in cui questa storia troverà la sua naturale conclusione.
La prima volta fu alle 8.00 di questa mattina, al Bar Roma, quello dove faccio colazione ogni giorno.
Avevo ordinato come al solito cappuccio e brioche consumandolo al bancone per risparmiare tempo quando un tizio, nella calca generale, mi ha urtato il braccio facendo rovesciare il contenuto della tazza sul cappotto della ragazza accanto a me che mi ha lanciato uno sguardo come l’avessi fatto di proposito. Mi sono comunque scusato spiegandole che qualcuno mi aveva inavvertitamente spinto il braccio, ma che ero disposto a offrirle la colazione e pagare la tintoria.
Il modo in cui mi ha freddato mi ha fatto dire a bassissima voce, in un tono quasi di colpevolezza e quindi sarei io lo stronzo.
Con ancora un po’ di disagio per lo spiacevole fatto, mi sono diretto verso l’auto, pronto a infilarmi nel traffico e limitare il ritardo al lavoro. Nemmeno il tempo di avviare il motore e uscire dal parcheggio che mi sono trovato costretto a inchiodare bruscamente per colpa di un genio che ha trovato geniale attraversare la strada all’improvviso e in diagonale, con tutta calma.
Ho chiaramente suonato il clacson allargando le braccia sottolineando la cosa; non curante di non essere stato investito, ha gridato qualcosa contro mia mamma e mi ha mostrato il medio.
Ed eccomi a contemplare nuovamente la frase: e quindi sarei io lo stronzo.
Arrivato in ritardo al lavoro, mi sono dovuto mettere in pari, consumando la pausa pranzo alla scrivania, riempiendomi lo stomaco con un panino dal sapore chimico.
Altre due riunioni utili solo a giustificare la presenza e lo stipendio di alcuni miei colleghi e siamo giunti alla fine di questa giornata.
Chiudendo l’ultimo file sul computer ho esclamato un finalmente che sapeva di libertà.
Mentre stavo raggiungendo l’auto, che per ragioni di parcheggio ho lasciato a un paio di chilometri dall’ufficio, mi sono imbattuto nel solito gazebo per la raccolta di firme contro la droga.
Solitamente ci passo davanti non curante, accelerando un po’ il passo quando vedo uno dei ragazzi venirmi incontro con la biro in una mano e dei volantini nell’altra.
Ma deve essere stata la mia giornata fortunata, perché stavolta il volontario non ha sentito ragioni e non solo mi è venuto incontro parandosi davanti, ma mi ha anche accompagnato accusandomi di non avere rispetto per il dolore altrui, per le migliaia di famiglie spezzate e per la piaga della droga nella nostra società.
Arriviamo così al punto di inizio di questa storia.
Quella in cui mi fermo, mi volto, lo guardo e ripeto la frase mantra di oggi.
E quindi sarei io lo stronzo.
Come detto all’inizio, denoto dalla sua espressione una sorta di silenzio assenso, quindi attendo qualche secondo godendomi il silenzio mentre i nostri occhi si incrociano come in uno stallo alla messicana. Sono anni che faccio quella strada almeno due volte al giorno e non avevo mai notato il suo volto. Uno di quelli – e purtroppo esistono non me ne vogliano i loro possessori – che chiedono di essere presi a sberle. Ovviamente non intendo farlo, ripudio ogni forma di violenza fisica, preferendo quella verbale. Ma non voglio usare nemmeno quella, sono troppo stanco.
Non posso però fare a meno di concentrarmi sulla sua pettorina giallo fluorescente con una serie di biro fissate al bordo, come le cartucce nel cinturone di un cacciatore di frodo.
Lui abbozza un piccolo sorriso e incalza con un cos’è, non sei contro la droga?
In realtà sai che hai ragione? Rispondo. Non ce l’ho affatto con la droga.
Non mi ha mai creato problemi, è una cosa inerme.
Lui sembra non afferrare, così cerco di spiegarmi meglio.
È solo una cosa. Tipo le armi da fuoco: una pistola in sé non è pericolosa, lo è chi la usa per uccidere. Se così non fosse anche un martello sarebbe pericoloso. Anche, ad esempio, un coltello, una forchetta. O un rompighiaccio: guarda che casini che ha fatto in Basic instinct! Potrei andare avanti all’infinito.
Il tizio non ribatte, ma sembra aver capito il mio ragionamento.
Quindi, rispondendo alla tua domanda: mi spiace molto per la molte famiglie coinvolte in casini di questo tipo, ma non ho nessun problema con la droga, semmai con chi ne fa uso.
Perciò no, non sono io lo stronzo in questa storia.
A questo punto lo ringrazio, gli auguro una buona serata e accelero il passo perché sono davvero in ritardo per la cena.
Mentre raggiungo l’auto mi ricordo che è da tantissimo tempo che volevo sapere cosa se ne facessero di tutte le firme raccolte nel corso degli anni. Avevo l’occasione a portata di mano e non ne ho approfittato.
Sarà per la prossima volta.