Era tutto perfetto.
Quando gli occhi si chiusero rilassandosi e il corpo era pronto ad abbandonarsi al meritato riposo.
Ma dopo poco tempo, non ricordo l’ora precisa, mi svegliai improvvisamente scosso dal rumore assordante di un aereo.
Ero certo fosse qualcosa di enorme che stava volando a una quota troppo bassa.
Sembrava un caccia bombardiere della seconda guerra mondiale pronto a sganciare un ordigno mortale da un momento all’altro.
Non c’era tempo da perdere, occorreva abbandonare la casa al più presto.
Raggiunsi velocemente la porta, uscii in strada ma, non avvertendolo più, credetti di averla scampata.
Non mi sentivo ancora sicuro sull’ipotesi di rientrare, così camminai circospetto controllando la strada ad ogni passo e soprattutto il cielo nero.
Appena voltai l’angolo di nuovo quel rumore, questa volta non proveniva dall’alto ma era alla mia altezza, dietro di me.
Sentii come l’esigenza di scappare e feci bene perché dopo pochi secondi apparve un essere con una strana maschera che brandiva una sega elettrica arrugginita e, senza motivo, deciso a scagliarmela contro.
Ero consapevole che nei film horror tutti questi energumeni siano cocciuti assassini sanguinari ma molto lenti nei movimenti e che ogni loro bersaglio diventi vittima a causa di un inciampo, di una scivolata, di qualche mossa stupida.
Se avessi iniziato a correre, non mi fossi mai voltato e fossi stato attento a dove mettevo i piedi, quella cosa non mi avrebbe mai raggiunto.
Difatti riuscii a seminarlo dopo poco tempo.
Almeno credetti di avercela fatta, ma quel rumore tornò a trovarmi, stavolta di nuovo dall’alto.
Certo che i mostri dei film horror sono davvero cocciuti!
Era di nuovo lui, ma ora pilotava un elicottero cercandomi in mezzo al buio con un riflettore orientabile.
Non potevo crederci, non volevo crederci.
Tentai nuovamente di divincolarmi, ma ero braccato.
L’angoscia si stava trasformando in rabbia, mi fermai e gli gridai con tutta la forza che avevo di lasciarmi stare.
Notai in quel momento che le dimensioni del mio corpo stavano aumentando: stavo crescendo.
Era una bellissima sensazione e inconsciamente non ero nemmeno stupito della cosa.
L’elicottero battè in ritirata e mi tranquillizzai, quando improvvisamente comparvero decine di altri veivoli, alcuni stranissimi e totalmente fuori contesto, tipo un biplano della prima guerra mondiale che emetteva un rumore assordante ogni volta che si avvicinava.
La mia rabbia aumentava e con lei le mie dimensioni. Senza accorgemene mi ritrovai in piazza Duomo a Milano e, come nella celebre scena finale di King Kong, mi arrampicai sulla cattedrale, stranamente stando attento a non danneggiare le guglie.
Gli aerei aumentavano e si avvicinavano sempre più minacciosi, soprattutto il biplano rosso, che volava come se stesse prendendo le misure prime di fare fuoco dal suo fucile cromato.
Mi sentivo braccato, sapevo che non avrei avuto scelta se non la battaglia.
Mi ressi con la mano sinistra mentre con la destra allontanavo e abbattevo ogni nemico.
Sentivo la stanchezza e mi ero ormai rassegnato alla sconfitta quando sentii un rumore giungere da lontano, poi sempre più vicino.
Mi voltai e vidi il biplano rosso che puntava deciso per il suo attacco finale. Ci fissammo per qualche secondo e non appena fu abbastanza vicino sferrai uno schiaffo sicuro schiacciandolo contro il mio torace.
L’eplosione mi fece svegliare sudato fradicio.
Un incubo tanto strano quanto efficace, lo devo ammettere.
Mi alzai a bere un bicchiere d’acqua con ancora i rumori della battaglia nelle orecchie.
Accesi la piccola luce sopra i formelli per orientarmi meglio nel buio della cucina quando notai una piccola macchia rossa sulla maglietta.
Controllai la mano destra e capii tutto: i rumori dei veivoli, la battaglia aerea, i ronzii.
Me ne tornai a letto sciabattando, evocando sottovoce la soluzione all’enigma.
Zanzara di merda.